Leggi l’articolo su FiscoOggi.it
I benefici anti debacle puntano a sostenere finanziariamente tali categorie di contribuenti sotto il profilo della liquidità nel fronteggiare l’attuale contesto di incertezza economica.

Con l’obiettivo di alleviare la sofferenza, in termini di liquidità, di imprese e società travolte dalle conseguenze di un’emergenza sanitaria mai vista prima d’ora, che ha determinato una forte incertezza economica, il “Cura Italia” (Dl n. 18/2020), in corso di conversione in legge all’esame del Parlamento, tra gli altri interventi, ha schierato due nuovi crediti d’imposta, uno destinato a chi sanifica ambienti e strumenti di lavoro, che, con l’entrata in vigore del “decreto liquidità”, Dl n. 23/2020, trova una più estesa applicazione per le spese di acquisto di dispositivi di protezione.
L’altro alle società che cedono crediti pecuniari deteriorati e, per questo, possono trasformare in credito d’imposta una quota di attività per imposte anticipate (Dta), per un ammontare proporzionale al valore dei crediti ceduti.
Un credito come premio
Con l’articolo 64, il legislatore ha previsto un credito d’imposta che ricompensa coloro che agiscono concretamente per arginare l’espandersi dell’epidemia da Covid-19. Il beneficio, in particolare, è rivolto agli esercenti attività d’impresa, arte o professione che effettuano la sanificazione dei propri ambienti e strumenti di lavoro, cioè a tutti i datori di lavoro tenuti a garantire la salubrità dei luoghi in cui si svolge l’attività, con lo scopo di contenere i contagi.
Con questa finalità, da ultimo, il decreto “liquidità”, pubblicato in Gazzetta ieri, Dl n. 23 dell’8 aprile 2020, sempre con l’obiettivo di incentivare l’utilizzo di attrezzature volte ad evitare il contagio nei luoghi di lavoro, prevede l’applicazione del bonus anche per le spese sostenute nell’anno 2020 per l’acquisto di dispositivi di protezione personale, occhiali, mascherine, ma anche detergenti e disinfettanti, e ancora, di “barriere” idonee a proteggere i lavoratori e a garantire la distanza di sicurezza interpersonale.
Il credito d’imposta, fissato nella misura del 50% delle spese sostenute, nel 2020, per sanificare “sedi” e “attrezzi” e, ora, anche per comprare protezioni individuali, con un tetto massimo di 20mila euro, a breve (entro trenta giorni dal 17 marzo, data di entrata in vigore del “Cura Italia”) sarà “regolato” con un decreto del ministro dello Sviluppo economico, di concerto con quello dell’Economia e delle Finanze.
Per questo beneficio, lo Stato ha stanziato 50 milioni di euro.
Un credito in soccorso
Con l’articolo 55, lo stesso legislatore ha teso una mano alle società che cedono, entro il 31dicembre 2020, crediti deteriorati, cioè vantati nei confronti di debitori inadempienti, che non pagano da oltre novanta giorni. A queste ha offerto la possibilità di trasformare in credito d’imposta una quota di attività per imposte anticipate (Dta – deferred tax assets) riferite a determinati componenti, per un ammontare proporzionale al valore dei crediti deteriorati, sia di natura commerciale sia bancaria, che vengono ceduti.
Si tratta delle perdite fiscali (articolo 84, Tuir), non ancora portate in diminuzione del reddito imponibile, e delle eccedenze Ace (articolo 1, comma 4, Dl n. 201/2011), non ancora dedotte o fruite tramite credito d’imposta, al momento della cessione dei suddetti crediti. Considerata la ratio del “Cura Italia”, poi, l’articolo 55 afferma che, in relazione alle perdite, non si applicano i limiti indicati nella seconda parte del comma 1 dell’articolo 84.
Il tetto alle perdite fiscali e alle eccedenze Ace, che possono generare Dta trasformabili in credito d’imposta, è fissato al 20% del valore nominale dei crediti ceduti. Tale valore non può superare i due miliardi di euro, limite calcolato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate, entro il 31 dicembre 2020, dalle società tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.
Ancora, per espressa previsione normativa, le attività per imposte anticipate riferibili a perdite fiscali ed eccedenze Ace possono essere trasformate in credito d’imposta anche se non iscritte in bilancio. La trasformazione avviene alla data di efficacia della cessione dei crediti, ne consegue che da questo momento il cedente non potrà più portare in diminuzione dei redditi le perdite, né dedurre o compensare l’eccedenza del rendimento nozionale, corrispondenti alla quota di Dta trasformabili.
I crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione non producono interessi e possono essere utilizzati, senza limiti di importo, in compensazione, ceduti o ancora chiesti a rimborso. Vanno indicati nella dichiarazione dei redditi 2021 e non concorrono alla formazione del reddito di impresa né della base imponibile Irap.
Le società che vogliono trasformare le Dta in credito d’imposta devono comunicarlo con un’espressa opzione (articolo 11, comma 1, Dl n. 59/2016). L’adempimento deve essere effettuato entro la chiusura dell’esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti: l’opzione diventa efficace dall’esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione. La scelta, infine, comporta il cumulo delle Dta trasformabili e di quelle trasformate, nell’ammontare delle attività per imposte anticipate (stesso articolo 11, Dl n. 59/2016).
Tutte queste disposizioni formano un unicum che va a sostituire l’articolo 44-bis del decreto “crescita” (Dl n. 34/2019) con il nuovo 44-bis.